Come coach e studioso dell'intelligenza emotiva sono fortemente interessato alla tematica dei valori e a quanto sanno influire e orientare la nostra vita e le nostre azioni.
Proprio per questo mi ha molto colpito la storia del corridore spagnolo Ivan Fernandez Anaya in cui mi sono imbattuto per caso.
Di cosa si tratta? Immaginiamoci la scena: si sta disputando un’importante corsa campestre, il Cross di Burlata, in Navarra; vi partecipano corridori da ogni parte del mondo, mancano pochi metri al traguardo, tutto attorno pubblico vociante, urla, applausi, telecamere.
Ivan Fernandez Anaya è secondo, davanti a lui Abel Mutai, keniota.
Inaspettatamente Abel rallenta: ha perso i riferimenti spaziali, crede di avere già tagliato il traguardo, sta per fermarsi.
Ivan gli urla da dietro, lo incita a proseguire: “Vai avanti, vai avanti! Non è finita!”, ma Abel non capisce lo spagnolo.
Il traguardo è sempre più vicino...e allora Ivan lo spinge, da dietro, letteralmente lo porta all’arrivo.
Abel Mutai vince la gara, Ivan Fernandez arriva secondo
L’episodio risale al 2013 eppure ha in sé un messaggio potente che emoziona ancora oggi nel profondo, perché in esso parla la forza dei valori e la coerenza di seguirli.
Di fronte ai giornalisti che lo incalzano a fine gara chiedendogli perché non abbia sfruttato legittimamente la possibilità offertagli dal “destino” di superare l’avversario, Ivan risponde con la naturalezza di chi non ha mai contemplato nessun’altra alternativa, di chi ha agito con una linearità e una semplicità che non posso non definire “pure come quelle di un bambino".
Nelle parole di Ivan rivolte a chi lo interroga, nel suo sguardo, nei suoi gesti a fine gara non c’è rimpianto, ma una serenità assoluta, come assoluta è la sua risposta finale a chi lo sollecita domandandogli perché abbia agito come ha agito: “Il mio sogno è che un giorno potremo avere una sorta di vita comunitaria in cui spingiamo noi stessi e anche gli altri a vincere”
Eccoli i valori: driver motivazionali che orientano le nostre azioni, che tracciano il perimetro del nostro “io”, che trasmettono forza e un senso di coerenza, perché danno significato a ogni gesto.
Potremmo dire, con un gioco di parole, che i valori raccontano ciò che per noi ha valore, ma non è completamente vero.
E’ bene infatti tenere presente che i valori non sono tutti uguali, come hanno evidenziato gli studi di Senka Holzer, coach e membro di Science4Wellbeing.
Possiamo rintracciarne due tipi: essenziali (core) e acquisiti (acquired).
I primi sono quelli che tracciano la nostra vera essenza, quelli che ci rendono ciò che siamo, che nutrono la nostra unicità, che ci fanno agire senza fatica e frizione, i secondi sono quelli che raccogliamo lungo la via, che ci vengono trasmessi, a volte imposti dai gruppi e dagli ambienti di cui facciamo parte.
Da questo punto di vista possiamo articolare in modo diverso il nostro “gioco di parole”: i valori raccontano ciò che per noi ha valore o ciò che ci è stato insegnato avere valore.
Ci sono casi nella vita in cui siamo chiamati a decidere a quali dei due racconti dare la precedenza ed è proprio ciò che succede a Ivan Fernandez.
La sua è una decisione immediata: l’atleta spinge il suo avversario al traguardo perché avverte dentro sé che la vittoria “a ogni costo” è un valore acquisito, retaggio del mondo della competizione in cui si muove, ma non è un suo valore essenziale, uno di quelli che rimandano la sua immagine allo specchio e che gli consentono di sentirsi bene.
I valori dell’atleta sono l’altruismo e la comunità; seguendoli agisce di conseguenza.
Ivan fa vincere Abel Mutai senza sforzo, perché quando seguiamo i nostri valori essenziali agiamo con spontaneità, siamo “nel flusso”.
E non è il solo vantaggio: le ricerche della Holzer evidenziano infatti anche interessanti legami tra la scelta dei valori essenziali e la nostra salute fisica ed emotiva.
Quando agiamo in coerenza con i nostri valori core infatti alimentiamo il benessere fisico e nel corpo si diffonde una intensa sensazione di pace; quando scegliamo i valori acquisiti ci accompagna invece un senso di costrizione, una sottile tensione muscolare.
Anche la tipologia dell’emozione che proviamo è diversa: proviamo una serenità ampia, rotonda, duratura nel caso dei valori essenziali, ci investono picchi di momentanea felicità – che subito trascolora in indifferenza se non in un sottile disagio - nel caso dei valori acquisiti.
Appare evidente da queste premesse che fermarsi e comprendere quali valori stanno guidando le nostre azioni è prezioso: spalanca la nostra mente e le nostre possibilità, perché ci consente di vedere le nostre azioni "in prospettiva" e muoverci verso un maggiore stato di benessere.
Come distinguere i valori core da quelli acquired? Come cercarli?
I valori essenziali sono pressoché immutabili e ci accompagnano per tutta la vita, a meno di esperienze traumatiche o segnanti che ci portano a rinnegarli; nascono e crescono con noi, delimitano i confini del nostro Io e ci orientano sottilmente nelle nostre relazioni più autentiche, quelle in cui sveliamo la nostra verità e ci raccontiamo per come siamo, senza interpretare ruoli o maschere.
Uno dei miei valori essenziali ad esempio è la creatività che ho manifestato fin dall’infanzia.
I valori acquisiti al contrario sono un paradigma da seguire; possono mutare nel tempo e derivano dagli ecosistemi sociali di cui facciamo via via parte: non solo la società di appartenenza, la classe, la specifica generazione, la cultura di cui siamo intrisi o la nazione di cui siamo figli, ma anche il primo ecosistema della nostra esistenza, la nostra stessa famiglia.
Uno dei miei valori acquisiti è il perfezionismo, dover fare sempre tutto nel migliore dei modi.
La possibile derivazione familiare dei valori acquisiti è un dato importante perché se in un certo qual modo è più facile riconoscere in noi valori trasmessi dal “mondo esterno”, più difficile è riconoscere quelli che assimiliamo attraverso le nostre stesse radici. Ed è per questo che è bene concentrare là la nostra indagine.
Vogliamo cercare i nostri valori? Indaghiamone gli ambiti attraverso l’arte potente delle domande.
Per scoprire i nostri core value chiediamoci: qual è l’elemento comune tra me e i miei amici più cari? Che cosa non posso fare a meno di essere, nonostante tutto? Chiediamo ai nostri più cari amici: qual è quella caratteristica speciale che fa di me, me?
Per scoprire i nostri family acquired value chiediamoci: quale consiglio o insegnamento dei miei genitori mi ha più “bloccato”? Come si descrivono i miei familiari? Di quale mio risultato si sono più vantati i miei genitori?
Se vogliamo la prova del nove sappiamo cosa fare: ascoltiamo le nostre emozioni.
Rintracciamole nel corpo. Cosa proviamo connettendoci ai valori? Un senso di pienezza, di equilibrio, di espansione... o una punta di energia, una tensione forte certo, vigorosa, ma in un certo qual modo innaturale?
Scoprire quali tipi di valori ci stanno orientando è utile.
Non tanto a comprendere quali valori acquisiti ci guidano, ma in che modo stridono rispetto ai nostri valori essenziali: quanto più il divario sarà marcato tanto più il nostro disequilibrio sarà maggiore, il nostro benessere sarà minacciato.
Questo avviene non solo a livello professionale, dove a volte finiamo per abbracciare ruoli che non ci appartengono, ma anche privato, quando continuiamo a reiterare situazioni malsane, agendo seguendo ideali che ci sono stati trasmessi.
Cambiare significa principalmente evolvere e l’evoluzione è tanto più vera quanto più ci riconnette alla nostra essenza, perché è da lì che spicchiamo il salto espandendo le nostre possibilità.
Accorgersi di stare vivendo una vita “appiccicata” è il primo passo per prenderne in mano le redini e portarla là dove il nostro cuore desidera, nella terra dei nostri valori essenziali.
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